Professione dello Psicoterapeuta: una storia dal privato verso il pubblico

La professione dello psicoterapeuta in Italia, così come in altre nazioni, è l’esito di processi storico-sociali piuttosto recenti. Tuttavia, qua da noi ha preso la piega di una collocazione fortemente privatistica. Come vedremo in questo articolo, questa sua deriva a carattere liberale ha avuto un impatto notevole nei termini di accessibilità al servizio, purtroppo ancora […]

La professione dello psicoterapeuta in Italia, così come in altre nazioni, è l’esito di processi storico-sociali piuttosto recenti. Tuttavia, qua da noi ha preso la piega di una collocazione fortemente privatistica. Come vedremo in questo articolo, questa sua deriva a carattere liberale ha avuto un impatto notevole nei termini di accessibilità al servizio, purtroppo ancora oggi fortemente legata alla capacità economica dei pazienti. Fortunatamente gli odierni scenari antropologici accendono sempre di più la consapevolezza sia nei professionisti, sia nella popolazione, di quanto questa configurazione stia limitando il potenziale benefico della pratica in rapporto alla domanda consapevole e al bisogno sociale latente. Ciò sta spingendo sempre più persone a muoversi per rendere la psicoterapia sempre più accessibile.

Indice

Lo sviluppo storico della professione dello psicoterapeuta in Italia

I nuovi scenari antropologici, la domanda consapevole e quella latente

Il portale Psicoterapia Aperta come primo passo concreto verso la psicoterapia aperta

Lo sviluppo storico della professione dello psicoterapeuta in Italia

Com’è noto, le origini contemporanee della professione dello psicoterapeuta in Italia sono piuttosto recenti: risalgono all’era moderna.

Parliamo di circa 120 anni fa, quando con la nascente psicoanalisi freudiana, in ambito scientifico, stava iniziando a germogliare una nuova consapevolezza: il concetto di salute riguarda il benessere psico-fisico nel suo complesso, anziché solamente l’integrità fisico-biologica della persona.

Lo sviluppo e l’assetto normativo alla base della professione dello psicoterapeuta

Tuttavia, da Freud a oggi ne è passata parecchia di acqua sotto ai ponti.

Per arrivare dai suoi primi barlumi di genio fino all’attuale grado di consapevolezza rispetto a quanto la psicoterapia possa (e debba!) giocare un ruolo determinante nell’ambito della salute pubblica, la professione ha compiuto un percorso importante, tra l’altro tutt’ora in evoluzione.

Ma partiamo dal principio…

La mancanza della collocazione pubblica della professione dello psicoterapeuta, tipicamente italiana, affonda le sue radici nella prima metà del Novecento.

Già il solo fascismo ha di per sé comportato un ritardo di circa vent’anni dello sviluppo della psicologia. Inoltre, anche lo scontro con il cattolicesimo e il comunismo nel dopoguerra ne hanno ulteriormente rallentato la ricerca e la diffusione.

Negli anni successivi, a livello politico, solo i radicali e i socialisti erano favorevoli. Il senatore Adriano Ossicini ha portato avanti per ben dieci anni le trattative nell’ambito della costruzione legislativa della professione.

Solo nel 1989 si giunge faticosamente alla formulazione della legge 56, atta a regolamentare sia la professione di psicologo, sia la specializzazione in psicoterapia.

Il moltiplicarsi dei percorsi formativi e la collocazione privatistica della professione dello psicoterapeuta: la storia di un’organizzazione allo sbando

professione dello psicoterapeuta

Come detto, il taglio liberal-privatistico della professione è stato proprio il frutto di questo percorso storico così travagliato.

Testimone, quest’ultimo, delle resistenze culturali e sociali nei confronti della disciplina psicologica per la quale, evidentemente, l’Italia non era ancora pronta.

Succede poi a partire dagli anni Novanta che tale impostazione della professione ha iniziato a sortire i suoi ampi effetti: le scuole professionalizzanti si sono moltiplicate a colpo d’occhio, in quanto la bassa possibilità di impiego sociale della figura dello psicologo (parliamo del 3-4%), ha spinto sempre più studenti a optare per un percorso specialistico di psicoterapia clinica.

Ecco a tal riguardo le parole del professore di psicologia sociale e cofondatore di Psicoterapia Aperta, Luigi D’Elia, tratte dal suo recente libro La funzione sociale dello psicoterapeuta:

[…] si è voluta creare con questa legge (frutto, come detto, di un compromesso al ribasso tra le parti nonché di una visione molto ristretta del ruolo dello psicologo), che prevedeva di fatto l’accesso privatistico ad una specializzazione che oltre che ai laureati in psicologia era anche di area medica quindi accessibile ai laureati in medicina […] una vera e propria bolla speculativa che ha visto negli ultimi 25 anni una crescita demografica inflazionistica – gli psicologi italiani nel 2020 sono più di 113.000 contro i 15-20.000 circa degli anni ’80-‘90, e da soli sono un terzo di quelli europei – e una sorta di porta girevole tra le facoltà di psicologia e le scuole private di psicoterapia postuniversitarie, nel frattempo moltiplicatesi su tutto il territorio nazionale, fino a raggiungere il numero inverosimile di oltre 300. Nessuno fino ad ora […] si è mai preoccupato di valutare l’impatto di questa orda di laureati (85% femminile) e specializzati in psicoterapia sulla nostra società, ma soprattutto l’impatto sulla qualità formativa e scientifica di questo vero e proprio “popolo” di psicologi.

I nuovi scenari antropologici, la domanda consapevole e quella latente

Cosa è successo nel frattempo?

Se da un lato la sregolatezza del sistema formativo privatistico ha portato alla proliferazione della professione dello psicoterapeuta, dall’altro, questo stesso fenomeno ha favorito l’affermarsi di una consapevolezza sociale attorno alle tematiche psicologiche.

A dare man forte all’impegno di tutti coloro che si sono prodigati nella divulgazione c’è stato sicuramente anche l’avvento dell’Era Digitale che ha moltiplicato le voci e i punti di contatto con gli utenti, ora sempre più recettivi e sensibili alle tematiche psicologiche.

Questo fenomeno ha fatto sì che si registrasse un progressivo aumento della domanda consapevole proveniente da parte di quelle persone informate e desiderose di intraprendere un percorso psicologico per stare meglio.

Inoltre, vi è poi anche la questione della domanda latente da parte di quella fetta di popolazione meno informata e scolarizzata che pure troverebbe ampio beneficio dalla psicoterapia.

La pandemia, l’impatto sulla salute mentale e il ruolo della professione dello psicoterapeuta

Come ben sappiamo, la pandemia di SARS-COV-19 e il lockdown, hanno avuto un notevole impatto sulla salute mentale della popolazione.

Si sono moltiplicate le richieste di assistenza e purtroppo nei giovanissimi si è registrato un importante aumento di casi di autolesionismo.

Nonostante il fatto che la psicoterapia è oggi finalmente riconosciuta a livello politico come servizio essenziale (LEA), la collocazione ancora prevalentemente privatistica della professione ha fatto sì che non fosse in grado di rispondere adeguatamente alla sfida pubblica rappresentata dall’emergenza in corso.

Tali vissuti hanno messo in evidenza quanto la psicoterapia dovrebbe rivestire sempre più un ruolo sociale diffuso a beneficio della salute pubblica.

Il portale Psicoterapia Aperta come primo passo concreto verso la psicoterapia aperta

psicoterapia vicino a te

Il portale di Psicoterapia Aperta nasce cinque anni fa, quindi in era pre-pandemica.

C’entra tuttavia pienamente quella che è la sfida attuale della professione dello psicoterapeuta che, per gli sviluppi storici e antropologici di cui abbiamo parlato in questo articolo, dovrebbe riuscire a spostarsi sempre più verso il pubblico in modo da poter rendere la psicoterapia accessibile.

Il portale Psicoterapia Aperta offre la possibilità concreta ai cittadini che non possono permettersi i costi di mercato medi delle sedute (€60 – €90), e che non hanno avuto la fortuna di rientrare nell’esiguo numero dei beneficiari del Bonus Psicologo, di accedere alla psicoterapia tramite tariffe orarie calmierate (€25 – €40).

Si tratta dunque di un progetto a forte carattere etico sociale dove, i primi a rimboccarsi le maniche, sono proprio quei professionisti che credono fortemente nella vocazione sociale del loro lavoro.

Quest’ultimi possono iscriversi al portale con una quota associativa annua di €10 e inserire la loro scheda professionale sul portale così da farsi trovare da potenziali pazienti.

Essendo le tariffe molto basse, ogni professionista che aderisce al progetto prende chiaramente in carico solo qualche paziente tramite il portale.

Questo tipo di scelta e impegno viene dunque portata avanti con l’idea che più sono i professionisti che si uniscono al progetto, maggiore sarà la forza collettiva dei professionisti a favore dell’evoluzione del ruolo dello psicoterapeuta nella società.

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